Lo spolvero – Tecnica, materiali, procedimenti
Ne’ disegni di cose piccole basterà fare uno spolvero, che si fa con far spessi e minuti fori ne’ contorni con sopraporvi carbone polverizzato legato in uno straccio che sia atto a lasciar le sue orme meno sensibili. Ciò da’ Pittori si chiama spolverare.
(Andrea Pozzo, Perspectiva pictorum et architectorum. Prospettiva de’ pittori ed architetti, Breve istruzione per dipingere a fresco, Sezione Settima- Ricalcare Roma, Giovanni Giacomo Komarek 1693-98).
I sistemi di riporto del disegno – Lo spolvero
Lo spolvero
Spolvero. L’operazione del riporto del disegno in scala 1:1 su una nuova superficie utilizzando un foglio di cartone o carta bucherellato lungo le linee di un disegno.
La tecnica prevede che il foglio venga appoggiato sulla superficie e che quindi si batta con un sacchetto contenente polvere di carbone (o un pigmento colorato) lungo il contorno bucherellato del disegno stesso: l’impronta dell’originale viene così riportata sulla nuova superficie grazie al passaggio della polvere o del pigmento dai fori.
Già Cennino Cennini (fine sec. XIV) parla di “spolverare” in relazione alla pittura su tavola, mentre Filippo Baldinucci (1681) così definisce la voce spolverizzare: “Vale ricavar collo spolvero, che è un foglio bucherellato con ispilletto,, nel quale è il disegno, che si ricava, facendo per que’ buchi passarvi polvere di carbone o di gesso legate in un cencio, che si chiama lo spolverizzo”.
Giacinto Carena (1853) lo descrive come “un bottone o sacchetto di pannolino fino e rado, in cui è legata polvere di cartone, o di gesso, o altra, a uso di spolverizzare, picchiando leggermente, o strofinando i bucolini dello spolvero. Gli artisti Fiorentini lo chiamano anche brevemente il bottone quando il contesto del discorso escluda ogni equivoco
Francese: Poncif – Inglese: Pouncing – Spagnolo: Estarcido – Tedesco: Lochpause.
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