Giovanni Fattori – Stratigrafia

Supporto
tavoletta di medio spessore
Disegno
a matita di grafite
Strato pittorico
campiture di colore ad olio stese a “macchia
Vernice resinosa
Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908) – La libecciata (studio preparatorio) – 1980-85 ca. Olio su tavola 19,2 x 32,2 cm. – Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti
Giovanni Fattori – La tecnica
“Credo fermamente che l’arte non abbia bisogno di pedanterie, ma di mezzi molto semplici in tutte le materie… Tavolozza semplice, pochi colori: i troppi colori inutili fanno il lusso dei dilettanti. Ecco spiegata la parte mia originale”.
Giovanni Fattori

Riflettografia all’infrarosso
Le indagini scientifiche
Le indagini riflettografiche hanno fornito indicazioni utilissime sulla tecnica di lavoro seguita da Fattori, su di un largo numero di opere è risultato evidente il disegno tracciato prima di iniziare a dipingere.
Le immagini all’infrarosso della libecciata mostrano l’estrema sintesi e rapidità del segno grafico che traccia i contorni delle tamerice e del crinale della duna, quasi come se l’artista non sollevasse la matita dalla tavoletta mentre disegna, seguendo l’impressione visiva dal vero.
Notiamo cioè qui gli elementi tipici dello studio, dove un’immagine realmente vista è appuntata sotto forma di disegno direttamente sul dipinto
L’orizzonte è marcato da una linea diritta e di spessore costante frutto dell’ uso della riga.
Questa (tracciata con un segno di matita sottile che si interrompe in corrispondenza con l’arbusto) era stata immaginata, in una prima fase, molto più alta nel cielo, secondo cioè un punto di vista più abbassato.

Simulazione del disegno soggiacente
“L’impressione dal vero”
Il disegno è eseguito direttamente sulla superficie del legno senza preparazione di sorta, il supporto è spesso ricavato da scatolette di sigari, o comunque tavolette di piccolo formato più adatte a una pittura praticata en plein air.
Il materiale con cui l’artista più spesso disegnava era, come per i disegni su carta, la matita, cioè la grafite, verificato nel corso dell’indagine; questa è perfettamente visibile ad occhio nudo in alcuni acquarelli oltre che nel dipinto appena abbozzato e lasciato interrotto alla morte dell’artista (vedi: Le Ultime Pennellate del Museo Civico Fattori di Livorno). Più rara la presenza di altri materiali come il carboncino o il pennello col colore diluito.
Il disegno a lapis è stato riscontrato, anche negli esemplari più semplici e immediati dell’arte del Fattori, dalla natura più marcatamente macchiaiola e che sembrano tratti dall’osservazione diretta della natura.
Il tratto è infatti rapido, proprio nell’intenzione di cogliere gli elementi percepiti con la massima immediatezza. Aspetto caratterizzante dell’artista è la tendenza, riscontrabile in ogni fase dell’opera, a semplificare la composizione, eliminando gli elementi giudicati superflui.
“Circa la tecnica ormai ho dato l’addio definitivo a quella piuttosto liscia che ho usata e mi sono buttato a corpo morto verso una resa a tutta pasta. Spese pazzesche di colori ma, in compenso, maggiore rapidità di esecuzione, una straordinaria vitalità delle figure, una grande modernità” (G. Fattori).

Simulazione delle fasi pittoriche
La “pittura a macchia”
Seguendo i tratti distintivi della pittura macchiaiola, Fattori rinnega il tradizionale chiaroscuro per definire i volumi e le distanze e, impiegando pennellate larghe e piatte, accosta più macchie di colori puri di tonalità diversa non mischiati fra loro. La sua pennellata è tipicamente macchiaiola: stesura a pennellate veloci, corte e accostate.
Le opere con maggiori impasto in genere corrispondono a quelle di dimensioni limitate, in modo particolarmente accentuato le tavolette; in questo caso la stesura pittorica è condotta con una straordinaria fermezza e sicurezza di mano.
I colori sono applicati direttamente sulla superficie del legno senza alcuna preparazione. Fattori spesso lascia trasparire le venature del colore stesso del legno sfruttando questo elemento per ottenere l’effetto desiderato¹.
Le analisi scientifiche hanno appurato l’uso di miscele complesse di una grande varietà di pigmenti tradizionali e sintetici: bianco al piombo, bianco di zinco, ocra rossa, cinabro, vermiglione, blu di Prussia, giallo ocra e giallo Napoli, giallo cromo, giallo cadmio e giallo zinco sperimentando nuove e peculiari miscele di pigmenti.
¹ Note tecniche.
Il colore è utilizzato senza uso di diluenti e applicato al supporto così come esce dal tubetto. Pur non esistendo una preparazioni vera e propria le tavolette del pittore sono spesso trattate con un leggero strato di colletta che riduce la porosità e assorbenza del legno.
Giovanni Fattori e i Macchiaioli
Il 1855 a Firenze segna l’inizio di un aperta rivolta contro la dittatura artistica dei professori dell’Accademia. Signorini e Borrani già avevano abbandonato il chiuso degli Studi per dipingere in strada piccoli quadri dal vero. Loro profonda convinzione era che si dovesse rendere “il vero com’è e come si presenta” e che la natura potesse essere “ sorpresa” nella sua realtà essenziale soltanto per via di “macchie di colore di chiaroscuro, ciascuna delle quali ha un valore proprio che si misura col mezzo del rapporto” (Cecioni), al di là delle scolastiche convenzioni del contorno disegnativo e del modellato accademico.
«Questi quadri mi dettero lo stimolo acuto di fare studi di animali e di paesaggio, di essere continuamente osservatore della vita militare. E questa assiduità mi obbligava ad osservare tutto, e mi sono interessato anche, potendo, di mettere sulla tela le sofferenze fisiche e morali di tutto quello che disgraziatamente accade» (Giovanni Fattori, 1859)
I giovani pittori presero a riunirsi, tra il 55 è il 67 , al caffè Michelangelo di Firenze dove iniziarono ad elaborare il nuovo linguaggio. Al chiaroscuro della pratica comune si sostituiscono accostamenti di colore ombra e di colore luce che portano ad effetti di una grande nettezza e ad un insolita potenza di contrasti. Con tecnica simile a quella degli impressionisti francesi, ma indipendentemente da essi, resero l’impressione visiva con macchie di colore giustapposte in modo che l’unità del quadro risulti dal rapporto tra colori più o meno chiari che l’occhio, a distanza, ricrea e compone: “una macchia scura sopra una chiara “, abolendo così i contorni nitidi e forme definite.
Significativa è la testimonianza di Adriano Cecioni, accreditato teorico del gruppo:
“ col mezzo di macchie di colore, di chiari e di scuri, come per esempio : una sola macchia di colore per la faccia, un’altra per i capelli, un’altra, mettiamo, per la pezzuola, un’altra per la giacchetta o vestito, un’altra per la sottana, un’altra per le mani o per i piedi, e così per il terreno e per il cielo. Le figure non oltre passavano i 15 cm, quella dimensione che assume il vero quando si guarda… a distanza. .. in cui le parti della scena … si vedono per masse non per dettaglio; quindi la figura veduta sopra un muro bianco o sul cielo…. o sopra una parte illuminata dal sole, era considerata una macchia scura sopra un’altra chiara, nella quale macchia scura poi è tenuto conto solamente delle parti principali…, cioè di quelle che si vedono, come sarebbero la testa, senza però il dettaglio degli occhi, del naso e della bocca; le mani senza dita, gli abiti senza le pieghe “ (Adriano Cecioni).
Per meglio afferrare la tonalità del chiaroscuro i macchiaioli usavano spesso uno specchio annerito dal fumo, “ton Gris”, che esaltava i contrasti dell’immagine in esso riflessa.
Nonostante che il risultato fosse simile a un abbozzo, piuttosto che a un quadro finito, l’impressione del vero catturata dai macchiaioli è pur sempre realista, lontana pertanto da quella impressionista che aveva peraltro del tutto abolito l’uso del nero.
I macchiaioli rifiutarono sì l’uso di linee decise per contornare i propri soggetti, ma in realtà, l’aborrito disegno, cacciato dalla porta come artificiosa circoscrizione dei corpi, rientrava dalla finestra come limite invisibile delle “ macchie “.
Manfredi Faldi 2019
Note bibliografiche
Diane Kunzelman, Ezio Buzzegoli, I dipinti di Giovanni Fattori della Galleria d’Arte Moderna di palazzo Pitti in riflettografia infrarossa, in Giovanni Fattori. Dipinti 1854-1906, a cura di G. Matteucci, R Monti, E. Spalletti, Artificio 1987 pp 265-289
Ettore Spalletti, La libecciata (studio preparatorio) scheda 102 in I dipinti di Giovanni Fattori della Galleria d’Arte Moderna di palazzo Pitti in riflettografia infrarossa, in Giovanni Fattori. Dipinti 1854-1906, a cura di G. Matteucci, R Monti, E. Spalletti, Artificio 1987
Francesco Negri Arnoldi, Storia dell’arte Vol. III, Fabbri editori 1968
Roberto E. L. Panichi, I principi della pittura figurativa nelle testimonianze degli artisti e degli scrittori d’arte, Pisa, Giardini editori 1977
Leone Augusto Rosa, La tecnica della pittura dai tempi preistorici ad oggi, Società Editrice Libraria, Milano 1937
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