La diagnostica artistica
le tecniche di indagine analitiche e diagnostiche applicabili alle opere d’arte col fine di ottenere informazioni sui procedimenti esecutivi e sullo stato di conservazione.
Per documentazione materiale (o storia materiale) di un oggetto d’arte si intende lo studio e l’interpretazione dei documenti ricavati grazie alle indagini eseguite con i mezzi scientifici oggi disponibili uniti al contributo fornitoci da un’approfondita interpretazione delle antiche fonti sulle tecniche artistiche. (Manfredi Faldi, La documentazione materiale come supporto e verifica dell’analisi storico-stilistica nelle opere pittoriche, Firenze 2003, p. 3)
Lo studio delle fonti riguarda lo studio di tutti quei testi manoscritti, a stampa, figurativi, iconografici, orali da cui si ricavano notizie utili a ricostruire la storia di un manufatto. (C. Giannini, R. Roani, Dizionario del restauro e della diagnostica, Firenze, Nardini 2000, p. 75)
Lo studio del percorso creativo, così come l’esame del materiale pittorico, avviene attraverso il dialogo diretto con l’opera, il confronto con le fonti e i dati forniti dall’analisi tecnica[1].
Il dialogo diretto con l’opera d’arte richiede infatti, “per attingere alla sua più compiuta pienezza, la conoscenza delle tecniche e delle materie che l’hanno prodotta e la scoperta del nesso esistente fra i dati materici e strutturali e l’elaborazione formale e intellettuale dell’artista”[2].
L’interesse per le fonti sulle tecniche artistiche, come sottolinea anche Michele Cordaro, non è certo molto sviluppato in Italia. Nella migliore considerazione lo studio delle tecniche artistiche viene “relegato come un impegno fortemente specialistico che poco o nulla concorre alla più precisa e alta definizione metodologica della ‘Storia dell’Arte’[3]“. Dobbiamo per oggi segnalare gli accurati studi che sull’argomento sono stati fatti da Silvia Bordini, Simona Rinaldi, Roberto Panichi, Cinzia Profeti e Gianni Carlo Sciolla[4], dai quali abbiamo attinto i dati qui raccolti laddove non ci è stato possibile consultare direttamente la specifica fonte.
Merita di essere ricordato il bel saggio introduttivo di Silvia Bordini a presentazione del suo studio sulla trattatistica concernente le tecniche.
L’autrice, infatti, con lucidità e chiarezza riesce a dimostrare come il linguaggio della tecnica artistica possa oggi essere pensato come un vero e proprio codice interpretativo dopo aver esercitato a lungo la “funzione di strumento normativo e operativo”[5].
Lo studio delle fonti sulle tecniche pittoriche, lontano dall’essere una pura elencazione e descrizione dei materiali e delle metodologie usate nel corso del tempo dagli artisti, offre infatti una competenza precisa e insostituibile per giungere a formulare “un giudizio sull’opera nella sua complessità”. Il problema, infatti, “non è solo quello di individuare materiali e procedimenti, ma quello, inscindibile ad essi, di studiarli criticamente per individuare significati generali e momenti particolari, per giungere a formulare un giudizio sull’opera nella complessità e unicità irriducibile delle sue componenti, coniugando l’osservazione dello sguardo storico-artistico con l’acutezza di analisi degli strumenti di laboratorio”[6].
Le fonti sulle tecniche pittoriche offrono notizie insostituibili sul materiale pittorico e sulla sua possibile alterabilità, sono cioè documenti unici per la ricostruzione di una vera e propria storia dei mezzi tecnici e pittorici. Le norme e i precetti metodologici attestati nella trattatistica, ovvero le informazioni forniteci sui procedimenti artistici consigliati e promossi dai singoli autori, incrociandosi con la storia del gusto di un particolare momento storico sono infatti fondamentali per una giusta e completa analisi artistica.
Per avvicinare le tecniche della pittura e cercare di capire il rapporto fra materiali ed immagine, tecnica e figurazione, concepito spesso in modi assai diversi dalle nostre assuefazioni, abbiamo la guida di alcuni trattati. Per quanto riguarda il Duecento e il Trecento di fondamentale aiuto risultano due trattati: la Schedula diversarium artium del monaco conosciuto come Theophilus e il Libro dell’arte di Cennino Cennini.
Il primo trattato è stato scritto, presumibilmente, in Germania nella prima metà del XII secolo, “in una di quelle officine monastiche alle quali si andavano già sostituendo come centri propulsori dell’attività figurativa i cantieri delle cattedrali; è un testo legato alla grande vicenda europea del Romanico, ed una guida insostituibile per comprenderne la pittura anche da un punto di vista solamente stilistico”[7]. L’altro trattato è il fin troppo noto Libro dell’arte[8] di Cennino Cennini, scritto in volgare dal pittore toscano, trapiantato a Padova, tra gli ultimi anni del XIV secolo e i primi anni del XV secolo.
Alessandro Conti mette in evidenza l’origine più attendibile dei trattati dell’epoca rilevando che essi non furono certo scritti “da chi stava a capo di un’attiva bottega” poiché più comunemente i “ricettari nascevano in margine alla scrittura, fra coloro che non vedevano nei modi di preparare inchiostro e colori un segreto professionale ma solamente il mezzo per trasmettere un testo, e lo potevano divulgare senza gelosie di mestiere. Nessun maestro, infatti “se mai avesse trovato il tempo per distogliersi dal lavoro e dedicarsi ad una serie di precetti dell’arte avrebbe affidato a prescrizioni scritte quelli che in parte erano segreti (procedimenti che non si desiderava divulgare in quanto ad essi erano affidate peculiarità legate al successo delle proprie opere)”[9].
Questi documenti, così come i trattati delle epoche successive, offrono notizie precise sul tipo di materiale artistico usato, iscrivendosi pertanto nella storia dei mezzi tecnici e pittorici, ci forniscono dati e consigli precisi sull’alterabilità del materiale usato, sulle tecniche, sulla storia dei procedimenti seguiti dai singoli artisti. Le fonti inoltre ci istruiscono riguardo all’iconografia religiosa, forniscono dati importanti per la ricostruzione del gusto estetico di un preciso periodo storico. Sembra inoltre importante notare la varietà che contraddistingue la forma narrativa di questi trattati. Dalla semplice e talvolta noiosa elencazione di spese e di semplici prescrizioni si passa infatti ad una più godibile narrazione che possiamo quasi definire letteraria tutte le volte che il trattato si articola sulla struttura del dialogo, vero e proprio genere letterario capace di facilitare e snellire la trattazione.
Il trattato d’arte inoltre non fu sempre ed esclusivamente opera di un singolo redattore ma al contrario esso divenne, come nel caso del manoscritto Sloane 2052[10], un vero e proprio lavoro miscellaneo grazie alla diretta collaborazione di singoli artisti che volentieri cooperarono alla diffusione del sapere tecnico offrendo utili e specifiche precisazioni sulla loro tecnica pittorica. Le fonti cioè si arricchiscono di autografi, ricette annotazioni ed epistole che venivano fedelmente allegate e talvolta commentate dal redattore del manoscritto stesso.
Come afferma Silvia Bordini i trattati concernenti le tecniche “investono la problematica della formazione e della trasmissione della cultura tecnico-artistica. Legata al fare, all’attività manuale e all’esperienza, la tecnica ha sempre avuto un carattere operativo, ma è stata anche provvista di uno spessore teorico, di valenze speculative e di uno specifico linguaggio, variamente correlati alle tendenze storicamente emergenti nel campo delle teorie dell’arte e della critica d’arte”[11].
Manfredi Faldi,
La documentazione materiale come supporto e verifica dell’analisi storico-stilistica nelle opere pittoriche, Firenze 2003
[1]Cfr. a proposito P. Bensi, La vita del colore, Genova, Neos Edizioni, 2000
[2]M. E. Tittoni, Presentazione al volume AA.VV. Pietro da Cortona, il meccanismo della forma, Ricerche sulla tecnica pittorica. Catalogo della mostra (Roma, 1997-1988), Milano, Electa 1997, p.13.
[3]M. Cordaro, Prefazione al volume a cura di S. Rinaldi, sul trattato di Theodor Turquet De Mayerne, Pittura scultura delle arti minori, Anzio, De Rubeis 1995, p. VII
[4]Cfr. S. Bordini, Materia e immagine, Roma, Leonardo-De Luca Ed. 1991; si veda inoltre lo studio di R. Panichi, I principi della pittura figurativa nelle testimonianze degli artisti e degli scrittori d’arte, Pisa, Giardini editori 1977 e, dello stesso autore, La tecnica dell’arte negli scritti di Giorgio Vasari, Firenze, Alinea 1991; di Simona Rinaldi, Storia tecnica dell’arte. Materiali e metodi della pittura e della scultura (secc. V-XIX), Carocci editore, Roma 2011; di C. Profeti, Trattatistica in AA.VV., ARTIS, Art and Restauration Techniques Interactive Studio, Cd Rom, Direzione scientifica M. Faldi e C. Paolini, Firenze, Istituto per l’Arte e il Restauro 2000; di G. C. Sciolla, Letteratura artistica dell’et dell’Umanesimo, Antologia di testi, Torino, Giappichelli 1982 e, dello stesso autore, Letteratura artistica dell’et barocca, Antologia di testi, Torino, Giappichelli 1983, Letteratura artistica del Settecento, Antologia di testi, Torino, Giappichelli 1984. Cfr. anche i seguenti studi: A. Blunt, Le teorie artistiche in Italia dal Rinascimento al Manierismo, London, Oxford University 1940, trad. it. Torino, Einaudi 1966; J. Schlosser Magnino, Die Kunstliteratur, Kunstverlag A. Schroll e Co., Vienna 1924, trad. it., La letteratura artistica, Firenze, La Nuova Italia 1964; si veda inoltre la voce Trattatistica, dell’Enciclopedia Universale dell’Arte, Firenze, Sansoni 1965.
[5]S. Bordini, cit., 1991, p. 7.
[6]Ivi, p. 9.
[7]A. Conti, Tempera, oro, pittura a fresco: la bottega dei primitivi, in AA.VV., La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano, Electa 1986, p. 513.
[8]C. Cennini. Il Libro dell’arte (fine XIV sec.), a cura di F. Brunello, Vicenza, Neri Pozza 1971. Si cita qui inoltre l’edizione critica del libro del Cennini a cura di Carlo e Gaetano Milanesi, Il Libro dell’Arte o Trattato della Pittura di Cennino Cennini da Colle Valdelsa., Firenze, Le Monnier 1859. La trascrizione del Libro dell’arte (pp. 1-143) pubblicata dai fratelli Milanesi si basa sulla collazione di tre codici manoscritti: il Vaticano Ottoboniano 2974, il Laurenziano 23 P. 78, e il Riccardiano 2190.
[9]A.Conti, cit., 1986, p. 513.
[10]T. T. De Mayerne, cit., 1646
[11]S. Bordini, cit., 1991
le tecniche di indagine analitiche e diagnostiche applicabili alle opere d’arte col fine di ottenere informazioni sui procedimenti esecutivi e sullo stato di conservazione.
raccoglie e interpreta i documenti ricavati dalla diagnostica artistica
tiene conto anche del contributo fornito dall’interpretazione dei trattati sulle tecniche artistiche
ripercorrendo le fasi di elaborazione di un dipinto verifica la validità delle ipotesi elaborate grazie ai risultati della documentazione materiale
ARTEnet nasce nell’aprile del 2000 per condividere esperienze e conoscenze nel campo delle Tecniche artistiche, del Restauro e della Diagnostica applicata al settore dei dipinti; ha ideato e promuove una metodologia didattica innovativa che integra studi e ricerche nelle tre differenti discipline.
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