Il disegno
Lume et sostegno delle arti nostre
Per lo studio del percorso creativo, cioè degli strumenti e dei procedimenti che l’artista ha impiegato per la realizzazione dell’opera, di primaria importanza risulta essere un’analisi approfondita del tracciato grafico originale, vale a dire del disegno sottosuperficie.
“Il disegno è il lume, il fondamento et il sostegno delle arti nostre”. Con queste parole Giovan Battista Armenini (1586) riproponeva un giudizio che già Cennino Cennini e Giorgio Vasari avevano sottolineato con forza, indicando il disegno sia come l’esercizio fondamentale attraverso cui l’apprendista si formava come pittore, sia come momento in cui il pittore concretizzava l’idea che si sarebbe trasformata in opera finita.
Ben prima di divenire forma di espressione artistica autonoma il disegno si poneva quindi come fase preliminare del processo artistico pittorico prevedendo, al suo interno, ulteriori e specifici momenti di approfondimento dell’idea originaria.
Il disegno preparatorio
Lo schizzo
Lo schizzo rappresenta quindi una prima esercitazione, un primo pensiero, sotto forma di immagine costituita da pochi tratti sommari e indeterminati. Giorgio Vasari, nel 1568, ne parla appunto come “una prima sorte di disegni, che si fanno per trovare il modo delle attitudini e il primo componimento dell’opera… E perché dal furor dello artefice sono in poco tempo con penna o con altro disegnatoio o carbone espressi solo per tentar l’animo di quel che gli sovviene, perciò si chiamano schizzi” .
Con il termine “profilo” lo stesso Giorgio Vasari indica inoltre un momento già successivo, in cui il contorno della figura, da vago, si precisa e si fissa.
Lo studio
Il termine “studio” identifica un disegno approfondito eseguito dall’artista per meglio valutare ovvero studiare una figura o un oggetto o comunque un particolare da ricondurre successivamente a una composizione più complessa.
Il modello
Disegno preparatorio per eccellenza, il modello presuppone una serie di fasi precedenti e a sua volta si pone per essere tradotto in una diversa tecnica artistica attraverso i procedimenti del ricalco, dello spolvero, della quadrettatura.
Attraverso passaggi graduali e progressivi si giunge quindi al disegno preparatorio vero e proprio, in cui ogni elemento della composizione è valutato come elemento a sé e in rapporto all’insieme. Secondo Giorgio Vasari il disegno tiene ora conto dei contorni, della luce, delle profondità e di una prima valutazione dei colori, presenti come ritocchi ad acquarello.
Il disegno sottosuperficie
I disegni sottosuperficie sono talvolta visibili ad occhio nudo in particolare su dipinti poco materici o non finiti. L’attuale rilevazione e documentazione di molti disegni è oggi divenuta possibile attraverso l’uso della tecnica all’infrarosso, in particolare della riflettografia all’infrarosso che, come si è detto, fu sviluppata per l’applicazione sui dipinti da J. R. J. van Asperen de Boer nei primi anni ’70. Il corpo più sostanziale di informazioni pubblicate sui disegni sottosuperficie è associato a dipinti del periodo rinascimentale[1]. Questo perché il disegno sulle primitive tavole dipinte è più facilmente rilevato a causa della tecnica pittorica: comunemente un disegno a nero carbone su una preparazione chiara a gesso e colla, coperta da fini strati di pittura.
Dal XVI secolo certi artisti iniziarono ad usare un sottomodellato grigio che oscurava il disegno sottostante, gli strati pittorici divennero più opachi e il colore della preparazione iniziò a cambiare[2]. Lo scopo e la funzione del disegno sottosuperficie venne inoltre considerevolmente cambiando con l’introduzione del bozzetto ad olio[3] indipendente, il quale, avendo origine a Venezia dopo la metà del XVI secolo divenne di uso comune nel XVII secolo. Disegni sottosuperficie non sono infatti stati trovati né su dipinti di artisti del XVII secolo, come Rubens, van Dyck, Caravaggio o Jan van Goyen, né in quelli del XVIII secolo come Wattau, e neppure nelle opere del XIX secolo come ad esempio quelle di Ingres. E’ presumibile che molti artisti facessero un qualche tipo di schizzo preliminare sulle loro tele anche se il loro rilevamento con le correnti tecniche non è sempre possibile e occorrerebbero pertanto ulteriori investigazioni.
Il riporto del disegno
Per ciò che riguarda la realizzazione del disegno preparatorio oggi sappiamo che questo in molti casi veniva realizzato a parte per poter poi venire trasferito una volta ultimato sul supporto prima di ricevere la pittura.
Patrimonio inestimabile delle botteghe antiche, i disegni accumulati nel tempo o eseguiti appositamente per un nuovo dipinto dovevano comunque essere riportati sul supporto destinato alla pittura, attraverso metodi di ricalco e di ingrandimento in modo da non consentire errori. Questo permetteva quindi anche di evitare di ripercorrere il processo creativo e di garantire conseguentemente la fedeltà al modello del maestro, soprattutto nel caso in cui si fosse fatto ricorso all’opera degli aiuti.
Lo spolvero è un’altra delle tecniche più antiche che serviva per riportare, senza variazioni di scala, un disegno eseguito su carta su di un nuovo supporto. Il disegno veniva fittamente bucherellato lungo ogni singolo contorno con una “agugella”, ovvero una asticciola metallica dalla punta simile a quella di un ago.
Poggiato il foglio così bucherellato sul nuovo supporto, si provvedeva a battere in corrispondenza dei fori con un sacchetto di tela a trama larga contenente polvere di carbone, in modo che la posizione di ogni singolo foro venisse impressa sul supporto. Il disegno poteva poi facilmente essere ripassato e rafforzato con inchiostro steso a pennello (figg. 56-57). Le tracce lasciate dalla polvere venivano quindi eliminate spolverando la superficie con un mazzo di piume.
Ovviamente il procedimento prevedeva la perdita del modello, sporcato dal carbone. A questo inconveniente si poteva ovviare ponendo un doppio foglio di carta nel momento in cui si procedeva a bucherellare i tratti, in modo da ottenere un duplicato e conservare l’originale per ulteriori utilizzi.
Il ricalco, inoltre, è stato una delle tecniche più diffuse per riportare un disegno su un nuovo supporto senza variazioni di scala. Già utilizzato nelle botteghe due-trecentesche, il sistema è ben attestato per tutto il Rinascimento, con modalità simili a quelle che oggi regolano l’uso della carta carbone. La tecnica prevedeva di annerire più o meno omogeneamente con polvere di carbone il verso del foglio su cui era stato realizzato il disegno da trasferire. Quindi il disegno veniva poggiato sul nuovo supporto ed eventualmente fissato provvisoriamente per evitare che si spostasse nel corso dell’operazione. A questo punto, molto semplicemente, si ripassavano i contorni del disegno con uno stile, in modo che si potesse depositare una traccia scura sul nuovo supporto in corrispondenza delle linee di pressione. Dopo aver tracciato come consuetudine le incisioni delimitanti la doratura e i principali elementi architettonici, il pittore ripassava il disegno a carboncino con inchiostro steso a pennello con legante acquoso, o con nero di carbone in tempera ad uovo.
Nel caso in cui il riporto di un disegno dovesse essere accompagnato da un cambiamento di scala il pittore ricorreva a quadrettare l’originale, in modo da scomporre la composizione in singole porzioni regolari più facilmente riproducibili.
Quadrettato il supporto in una scala superiore o inferiore al modello si procedeva quindi al riporto delle singole porzioni, avendo riferimenti puntuali o solo puramente indicativi in funzione della larghezza del reticolo determinato. Se invece per una qualche ragione non si fosse voluto sporcare con la riquadratura l’originale si poteva sovrapporre all’immagine un telaio con una griglia costituita da cordicelle.
Gli strati profondi della pittura
Altrettanto importante per lo studio del percorso creativo risulta essere l’indagine degli strati profondi della pittura, degli strati cioè più ricchi di materiale colorante. Il loro esame si avvale, primariamente, delle tecniche radiografiche ai raggi X e delle analisi stratigrafiche effettuate su campioni prelevati dalle opere in esame.
Grazie all’esame radiografico, come acutamente rileva il radiologo Ludovico Mucchi, il dipinto risulta quasi essere diviso in due parti distinte: “una parte profonda, ricca di materiale colorante” che risulta essere quella più chiaramente rilevabile ai raggi X e “una parte superficiale, costituita da pennellate povere di colore che non danno segni visibili o ne danno di poco evidenti”. L’esame radiografico permette di identificare la parte pittorica più profonda, dipinta sempre con tratti nitidi e sicuri come la parte più spontanea e personale, “il pittore non ha esitazioni né freni e nel realizzare il dipinto la sua mano segue uno specifico e costante ritmo creativo: la gestualità che diventa segno e il segno che diventa pittura”. Nell’opera di finitura del dipinto invece il pittore modifica la sua pennellata più o meno coscientemente condizionata “dagli usi del suo tempo dalla corrente pittorica dettata da questo o quel maestro e infine anche dalla volontà del committente (…) Tutte queste considerazioni spiegano il grande numero di dipinti eseguiti da mani diverse che, stilisticamente simili in superficie, divergono nella struttura profonda, quella messa in luce dalla radiografia.
Ma c’è anche un altro aspetto che sottolinea l’importanza delle caratteristiche radiografiche dello strato profondo: mentre la superficie pittorica è quella che subisce nel tempo la maggior usura, ed è perciò quella più manomessa dai restauratori, la parte profonda, più protetta e consistente, è molto più resistente agli insulti del tempo. Se viene accettato il criterio che del dipinto, a causa dell’usura, rimanga una pellicola così esigua da lasciar soltanto qualche traccia radiografica, bisogna ammettere che i molteplici interventi di restauro possano anche notevolmente tradire l’opera originale”[4].
Note
[1]Si veda a proposito: H. W. Van Os, M. Prakken, The florentine Paintings in Holland: 1300-1500, Maarseen, 1974; AA.VV., The Scientific Examination of Early Netherlandsh Paintings: Application to Art History, “Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek”, vol. 26, 1975; M. Faries, Underdrawings in the workshop productions of Jan van Scorel. A study with infrared reflectography, “Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek”, vol 26, 1975, pp. 89-228; J. R. J. Van Asperen de Boer, An introduction to the scientific examination of painting, “Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek”, vol. 26, 1975, pp. 1-40; AA.VV. The early Venetian paintings in Holland. Catalogue of the Exhibition (Florence, 1978), a cura di H. W. van Os, J.R. J. van Asperen de Boer, Maarssen: Gary Schwartz 1978; J. P. Filedt Kok, Underdrawing and other technical aspect in the paintings of Lucas van Leyden, “Nederlands Kunsthistorisch Jaarboek”, vol. 29 1978, pp. 1-184; J. R. J. Van Asperen de Boer, A Scientific Re-examinatio of the Ghent Altarpiece, Oud Holland, 93, 1979, pp. 141-214; A. Smith e M. Wyld, Altdorfer’s Christ taking Leave of His Mother’, “National Gallery Technical Bulletin”, vol. 7, 1983, pp. 50-64; C. Bertelli, A. Gallone, M. Milazzo, M. Olivari, Il disegno nascosto dello Sposalizio, in Raffaello giovane e Città di Castello, Catalogo della mostra (Città di Castello, 1983-1984), Città di Castello, 1983, pp. 95-118; H. W. van Os, J. R. J. van Asperen de Boer (a cura di), La pittura nel XIV e XV secolo. Il contributo dell’analisi tecnica alla storia dell’arte, Comité International d’Histoire de l’Art, Atti del XXIV Congresso Internazionale di Storia dell’Arte (Bologna, 10-18 settembre 1979), Bologna, Clueb 1983; AA.VV., Indagine su Raffaello, in Raffaello a Firenze, Dipinti e disegni delle collezioni fiorentine, Electa 1984, pp. 239-68; M. Chiarini, La Madonna del Granduca: deduzioni tecniche e stilistiche dopo le recenti indagini scientifiche, in Raffaello: Recenti Indagini Scientifiche, a cura di O. Curti, A. Gallone Galassi, Atti del simposio (Milano, 1986), Milano, ICOM – Comitato Nazionale Italiano 1986, pp. 21-29; D. Bertani, E. Buzzegoli, M. Cetica, L. Giorgi, D. Kunzelman, P. Poggi, Andrea del Sarto in riflettografia, in Andrea del Sarto 1486-1530. Dipinti e disegni a Firenze. Catalogo della mostra (Firenze, 1986-1987), Milano, D’Angeli-Haeusler Editore 1986, pp. 341-357; E. Buzzegoli, D. Kunzelman, La nascita di Venere in riflettografia IR, in La Nascita di Venere e l’Annunciazione del Botticelli restaurate, Catalogo della mostra (Firenze 1987), “Gli Uffizi. Studi e Ricerche”, 4, Firenze, Centro Di 1987, pp. 63-71; E. Buzzegoli, D. Kunzelman, L’Annunciazione in riflettografia IR, in La Nascita di Venere e l’Annunciazione del Botticelli restaurate, Catalogo della mostra (Firenze 1987), “Gli Uffizi. Studi e Ricerche” Firenze, Centro Di 1987, pp. 72-73; J. Dunkerton, A. Roy, A. Smith, The Unmasking of Tura’s Allegorical Figure, “National Gallery Technical Bulletin”, vol. 11 1987, pp. 5-35; M. Laurenzi Tabasso, Le indagini scientifiche, in La Pala Ricostruita. L’incoronazione della Vergine e la cimasa vaticana di Giovanni Bellini. Indagini e restauri, Catalogo della mostra, a cura di M. R. Valazzi, (Pesaro, 1988), Venezia, Marsilo 1988, pp. 127-143; A. Aldrovandi, Le indagini diagnostiche, in AA.VV., Fra Bartolomeo la Pietà di Pitti restaurata, Firenze, Centro Di 1988, pp. 57-64; D. Scrase, Cosimo Tura, The Crucifixion with the Virgin and St John, The Hamilton Kerr Institute, vol. 1, 1988, pp. 69-71; AA.VV. La tecnica pittorica del Botticelli: un’analisi comparata, in L’Incoronazione della Vergine del Botticelli: restauro e ricerche, Catalogo della mostra (Firenze, 1990), a cura di M. Ciatti, Firenze, Edifir Edizioni 1990, pp. 85-108; L. L. Rissotto, Tecnica e metodo di esecuzione pittorica, in La Danae e la pioggia d’oro. Un capolavoro di Antonio Allegri detto il Correggio restaurato, a cura di M. G. Bernardini, Roma, Multigrafica Editrice 1991, pp. 41-44; M. Ciatti, A. Tortorelli, Il dipinto: tecnica pittorica e restauro, in Raffaello a Pitti. ‘La Madonna del baldacchino’ storia e restauro, a cura di M. Chiarini, M. Ciatti, S. Padovani, Catalogo della mostra (Firenze, 1991), Firenze: Centro Di 1991, pp. 79-82; P. Spezzani, Le riflettografie, in Il polittico Averoldi, a cura di E. Ragni Lucchesi, G. Agosti, Catalogo della mostra (Brescia, 1991), Brescia, Grafo edizioni 1991, pp. 169-171; P. Spezzani, Le radiografie e le riflettografie, in AA.VV. Carpaccio, Bellini, Tura, Antonello e altri restauri quattrocenteschi della Pinacoteca del Museo Correr, a cura di A. Dorigato, Catalogo della mostra (Venezia, 1993), Milano, Electa 1993, pp. 216-217; A. Massing, N. 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[2]AA.VV., Preparazione e finitura delle opere pittoriche, a cura di C. Maltese, Mursia 1993
[3]Nelle opere di particolare complessità il riporto del disegno preparatorio sul supporto definitivo poteva infatti essere ulteriormente mediato dalla realizzazione del bozzetto, un dipinto di dimensioni inferiori a quelle che si dovevano ottenere, che serviva a valutare in maniera sintetica la composizione e l’uso del colore.
[4]Citazione tratta dallo studio di L. Mucchi, A Bertuzzi, Nella profondità dei dipinti, La radiografia nell’indagine pittorica, Milano, Electa 1983, p.163.
Il Disegno (definizione)
Con questo termine si indicano prodotti di diversa complessità, caratteristiche e finalità. Generalizzando si può identificare il disegno con una figurazione nella quale l’immagine è ottenuta con un tracciato più o meno complesso sopra una superficie che costituisce il fondo.
I supporti utilizzati e, ovviamente, le tecniche, possono servire come ulteriori elementi per definire e delimitare il genere: escludendo i periodi antecedenti alla sua diffusione in Occidente è infatti la carta ad essere stata generalmente scelta come superficie su cui delineare l’immagine con l’uso di uno stile o di una matita, o con penna e pennelli intinti in inchiostri vegetali e minerali.
L’uso del colore è estremamente limitato e, comunque, esclude il ricorso a larghe campiture, mantenendosi per il fondo il colore offerto dal supporto.
Così Filippo Baldinucci (1681): disegnamento, disegno. Un’apparente dimostrazione con linee di quelle cose, che prima l’uomo con l’animo si aveva concepite e nell’idea immaginate; al che s’avvezza la mano con lunga pratica, ad effetto di far con quello esse cose scomparire.
francese: dessin inglese: drawing spagnolo: dibujo tedesco: zeichnung